MMO.it

Warcraft 3 Reforged: Blizzard investita dalle polemiche per aver negato molti rimborsi

Warcraft 3 Reforged: Blizzard investita dalle polemiche per aver negato molti rimborsi

Warcraft 3: Reforged, la versione in chiave moderna del vecchio glorioso Warcraft III, non ha certo ricevuto un plauso universale dopo la sua uscita. Pesanti accuse di downgrade avevano dato origine a critiche altrettanto pesanti nei confronti di Blizzard, acuite ulteriormente dopo la sua decisione di mantenere i diritti su tutte le Partite Personalizzate potenzialmente create grazie all’editor: “Una Partita Personalizzata non può essere venduta, licenziata o noleggiata da nessun soggetto al di fuori di Blizzard”, si legge sull’EULA, con buona pace di quella concezione che permise la nascita di DOTA, per esempio.

A fronte di questo, numerosi utenti hanno cercato di farsi rimborsare l’acquisto, comunicando con Blizzard attraverso gli appositi canali – per lo più, la chat di supporto.

Ebbene, a quanto pare la maggioranza degli acquirenti si è vista negata la possibilità di avere un refund di Warcraft 3 Reforged, dal momento che Blizzard ha sapientemente inserito numerose limitazioni a questo diritto, specie nell’EULA che esplicitamente dice: “All purchases are final”. Per molti utenti, la motivazione ufficiale dietro la negazione del rimborso è stata quella di aver speso troppo tempo a giocare, invalidando pertanto la possibilità di riottenere i propri soldi.

Internet è stato celere a schierarsi contro Blizzard e ad urlare allo scandalo, ma occorre fare chiarezza indagando nel profondo della situazione, senza lasciarsi condizionare dalla percepita ingiustizia. Le limitazioni al diritto di ottenere un rimborso sono presenti nell’EULA, che a tutti gli effetti è un contratto che viene stipulato tra il giocatore e la software house a seguito dell’installazione del gioco. Poiché questo viene spesso “concesso” in utilizzo e non propriamente venduto, non esistono, né in America né in Europa, leggi che possano sovrascrivere ciò che Blizzard ha sancito nella sua EULA.

In altre parole, ciò che Blizzard scrive in EULA ha forza di legge e nessuno può invocare, come invece è stato fatto, questioni riguardanti le leggi degli stati nei quali il prodotto è stato venduto. Questo perché non si tratta in effetti di un prodotto venduto, ma di un servizio fornito – da cui l’enorme differenza in termini giuridici.

Tuttavia, si potrebbe aprire uno spiraglio dal momento che l’EULA di Blizzard è tendenzialmente mal scritta. Dice infatti “all purchases are final”, intendendo con purchase un vero e proprio acquisto da parte dell’utente: non sembra quindi che stia fornendo un servizio, ma vendendo un prodotto – a tutto vantaggio di chi sta comprando.

In questo senso, una possibile battaglia legale in Europa (ed in Italia, di cui noi di MMO.it conosciamo maggiormente le leggi) potrebbe risultare favorevole al consumatore. Negli Stati Uniti, al contrario, Blizzard gode di maggiori prerogative: nel territorio americano può effettivamente fare un po’ quello che vuole e pertanto è da escludere che eventuali paventate class action contro la compagnia giungano a qualche risultato. Ma se i giudici daranno ragione ai consumatori sarà interessante vedere con quale motivazione esporranno la loro sentenza, perchè questa sarebbe destinata a creare un pesante precedente.

Dall’altra parte, c’è chi accusa Blizzard di aver utilizzato pubblicità ingannevole per sponsorizzare Warcraft 3 Reforged. Costoro si riferiscono principalmente al trailer di The Culling of Stratholme, la pietra dello scandalo del downgrade. La tesi dell’accusa vuole che questo trailer fosse a tutti gli effetti una pubblicità di Warcraft 3 Reforged, e dal momento che alla fine il gioco non si presenta per nulla come pubblicizzato ci sarebbero gli estremi per ottenere un rimborso (e magari anche qualcosa in più…) dal momento che Blizzard avrebbe mentito sapendo di mentire.

 

 

Fonte

 

Placeholder for advertising

Lascia una risposta

avatar