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L’E3 è definitivamente morto

L’E3 è definitivamente morto

Negli ultimi anni l’E3 ha ben rappresentato l’odierna industria dei videogiochi attraverso i suoi continui disguidi che hanno portato quasi sempre a cancellazioni dell’evento, o a downgrade. Così è accaduto infatti nel 2020 (ufficialmente a causa COVID), nel 2021 (downgradato a evento solo online) 2022 (causa COVID 2: il ritorno) e nel 2023 (causa defezioni varie).

Questo collegamento così preciso con l’andazzo del mondo dei videogiochi può dirsi oggi completo: l’E3 è stato cancellato per sempre. Non ci sarà più. RIP E3. I resti di quella che una volta era la più grande convention dedicata ai videogiochi non risalgono neanche i cavi ethernet che avevano percorso con orgogliosi discorsi di Hideo Kojima.

Ma chi è l’artefice di questa decisione? Chi ha deciso che gente che sale sul palco mostrando video artificiosi e trailer costruiti per un tempo infinito non andava più di moda? Chi ha finalmente dispensato Plinious dal seguire ore e ore di sproloqui? Si tratta di Stanley Pierre-Louis, il presidente e CEO dell’Entertainment Software Association, l’associazione di categoria che rappresenta gli interessi dell’industria dei videogiochi negli Stati Uniti, e che da sempre ha organizzato la fiera.

L’E3 durava dal 1995. “Dopo più di due decenni di questo evento, che è servito come un momento centrale per la presentazione dei giochi negli USA e nel mondo”, ha dichiarato Stanley Pierre-Louis, “abbiamo deciso di chiudere l’esperienza dell’E3”. “Sappiamo che tutta l’industria, i giocatori e i creator sono tutti appassionati dell’E3: è difficile dire addio a un evento così amato, ma è la cosa giusta da fare viste le nuove opportunità che l’industria ha di raggiungere fan e partner”. Una vera e propria opinione rivoluzionaria, per il 2015.

Ovviamente, non vale nemmeno la pena specificarlo oltre le parole sarcastiche usate in precedenza, queste “nuove opportunità” sono le conferenze ad-hoc ed i correnti sistemi di streaming e di fruizione dei contenuti online, che mal si prestano ad un evento strutturato e soprattutto diluito come l’E3.

Già da alcuni anni, infatti, è divenuto sempre più chiaro alle software house che sia maggiormente conveniente dal canto loro organizzare conferenze precise e proprie, anziché partecipare a grandi eventi che scialacquavano la loro importanza e le costringevano a condividere il palco con altri concorrenti, alcuni più blasonati di loro, e correndo anche il rischio di venire immediatamente presi a pomodori qualora i loro titoli fossero sotto le aspettative, o sotto gli standard degli altri. Troppo rischioso per gli stakeholder.

Ma il vuoto da qualcosa viene sempre riempito. Lo sforzo per sostituire l’E3 è infatti già in corso. Dietro le quinte, la Summer Game Fest e i The Game Awards di Geoff Keighley cospirano per ottenere quel potere culturale che una volta era proprio dell’E3, tra una pubblicità, un po’ di sana propaganda stakanovista ed una cringiata qui e là.

Tuttavia, siate lieti. Pierre-Louis ha infatti detto che la chiusura dell’E3 significa che il business dei videogiochi “è sbocciato in modi diversi”. Non vedevamo l’ora.

 

Fonte 1, Fonte 2

 

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